L'Isola del Giglio e me... le foto e il mix sono di Elena Orsi :) |
Ci sono storie – romanzi, film – che sono
architetture perfette. Capolavori intrecciati così stretti, così ricchi di
dettagli e richiami, che sembrano frutto di fantasie eccezionali. Compare un
personaggio marginale, un po’ anonimo o addirittura irritante, e non facciamo
in tempo a chiederci “ma che c’entra questo qui? Perché se lo sono fatto
scappare dalla penna?” che torna sulla scena qualche decina o centinaio di
pagine dopo e svela il suo scopo fondamentale, traboccante di senso. Ha così
tanto senso, improvvisamente, che ci sentiamo stupidi a non averlo capito
prima. Oppure l’autore indugia su un dettaglio di poco conto, ci costringe a
guardarlo bene, a immaginarcelo come se fosse vero – con certi colori precisi,
un odore, una consistenza non casuale – e improvvisamente ce lo ritroviamo
protagonista della storia, o di un bel pezzo di essa, come fosse un amuleto. E
guai se non ci fosse stato. Nelle storie di fantasia ci sono sfide vinte anche
quando nessuno ci avrebbe scommesso un soldo, successi insperati e riscatti
inattesi. Ci sono strappi, rotture e riassortimenti bizzarri. Ci sono desideri
che si avverano, sì, ma solo alla fine di innumerevoli peripezie che qualcuno
ha inventato con maestria. Ci sono ostacoli che si rivelano trampolini, e
grandi occasioni che si rivelano trappole. Lo scrittore dà vita a coincidenze
incredibili, fraintendimenti, colpi di fortuna esagerati. Situazioni
paradossali, che fanno piangere o fanno ridere, e che dipendono in tutto e per
tutti da un equilibrio fragilissimo: se solo quel minuscolo particolare fosse
andato diversamente, se solo i tasselli si fossero incastrati con un po’ meno
armonia (o ironia), niente sarebbe successo. Non così, non scatenando quel
putiferio, o quella meraviglia. Poi un giorno alzi gli occhi dal libro e ti
accorgi che nessuno ha inventato niente, perché così è la vita. La rileggi al
contrario, torni all’inizio della storia, e finalmente ti piace. È
un’architettura così precaria, così sgangherata e così perfetta che a
quell’autore, se lo incontrassi, gli chiederesti un autografo.