Chi si chiede cosa si fa qui si rassereni: esattamente non lo sa nessuno.
Io ci metto qualche parola e qualche foto.
Con un'unica regola: solo finché mi fa felice.

lunedì 23 marzo 2015

In inverno solo un pazzo



Mia mamma era in balcone, la sentivo che rideva, parlava forte per farsi notare, mi chiamava. Il cielo era molto azzurro e la tenda fremeva per il vento di primavera. Ho pensato che dovevo andare fuori a vedere, e in effetti era successo che la pianta di fragole aveva dato alla luce i suoi primi due frutti. Ancora verdi, piccoli, proprio al centro della corolla di petali. Incredibile. 
Io non saprei da dove cominciare, se dovessi costruire una fragola. Non saprei che materiale utilizzare, né quale rosso scegliere. E se anche riuscissi a farla simile a una fragola nell’aspetto, come potrei darle quel sapore zuccherino però fresco, che mi ricorda quando andavo dai nonni in campagna, e mia nonna diceva che alla prima fragola si esprime un desiderio? Sempre gli stessi quattro o cinque desideri che tornavano a rotazione, d'accordo: trovare un agnellino nel campo e poterlo tenere per me, scoprire una casa di cioccolato nel bosco e poterla mangiare, fidanzarmi con Marty McFly di Ritorno al Futuro o far sì che Lady Oscar non fosse davvero una femmina. Desideri così, ripetitivi e un po' stupidi se volete, ma con una fragola fatta da me, funzionerebbe? E quei puntini - quei semini che ti rimangono tra i denti, e te li senti sulla lingua qualche ora dopo e ti ricordano che l'hai mangiata davvero - come li farei? Potrei disegnarli, ma nella fragola vera sono come i bottoni di un divano imbottito, che tengono ben lucido e teso il vestito della fragola. Rosso: un vestito rosso anche quest’anno, perché a tutte le fragole da grandi piace vestirsi così, dopo il verde dei primi giorni.

Ho pensato che questa tenacia della primavera, la sua testardaggine, questa mania di ritornare sempre, mi fanno sentire incomprensibilmente voluta bene. Ma tanto bene, proprio. In inverno fa freddo, il cielo è grigio, e c’è la neve: in inverno solo un pazzo scommetterebbe sulle fragole.

sabato 21 marzo 2015

Che testarda la campagna



Tra i ciliegi c’è una gara di parrucche di fiori
ed è bene controllare i porcospini, se guidate.
Anche Google, nel doodle, ha cambiato colori
(nonostante, a dire il vero, abbia confuso le date)
e le mamme che, a parole, “solo frutta di stagione”,
alle fragole un po’ verdi non hanno resistito,
come quando è ancora freddo per escludere il maglione
ma anche con la pelle d’oca vuoi indossare quel vestito
di cotone che svolazza, forse un poco prematuro,
ma così ben intonato con il clima che hai all’interno.
Meglio vivere il presente, senza brama del futuro,
ma è concessa un’eccezione quando usciamo dall’inverno.

E si ha voglia di agghindarsi proprio come Botticelli
ha vestito nel dipinto la sua bella Primavera,
e si ha voglia, come sveglia, delle voci degli uccelli,
e le lucciole ed i grilli come canto della sera.
E si ha voglia che la fine non sia più definitiva.
Che testarda la campagna, che ogni volta torna viva.

lunedì 9 marzo 2015

Un cerbiatto

Per dire buon compleanno a una persona speciale, che ho visto nascere e sbocciare e che non mi lascia mai. :)

Sorelle :)

A volte la prendi per timidezza,
ma nei suoi occhi grandi c’è il pianeta.
È che ogni sua parola è una carezza
e ha la forza, il garbo e l’occhio del poeta,
non le piace stare sotto i riflettori
e fa finta di schivare un po’ il contatto,
ma gli abbracci non si danno solo fuori:
non si può trattar da bambola un cerbiatto.

Quei capelli lunghi come una cascata
e quel passo longilineo che conosco
certe volte mi ricordano una fata
bella, intatta e misteriosa come un bosco.
Se volessimo accostarla ad un paesaggio
in effetti penserei ad una foresta,
che ha qualcosa di intoccabile e di saggio
ma tra luci e suoni, dentro, c’è una festa,
e se all’ombra dei suoi rami stai in ascolto
scopri quanto riesce a ridere di gusto,
scopri che se chiedi poco ti dà molto,
che si arrabbia da morire con  chi è ingiusto.

In un mondo mascherato lei è un affresco.
Nella folle frenesia si muove piano
ma le batte dentro un cuore piratesco
e ha la voglia di esplorare di un gitàno,
e l’aspetto da modella non le manca
ma lavora in pizzeria da un musulmano
per tornare a casa certe volte stanca
ma con un racconto nuovo sempre in mano.

Anziché scattarsi selfie solitari
con la reflex coglie schegge di poesia:
trova storie intere nei particolari,
e cattura il bello della nostalgia.
Nostalgia di noi bambine non ne sento
perché diventare grandi è l’avventura
per cui non ci è mai mancato il giusto vento
e un bagaglio pieno che non si misura.

domenica 8 marzo 2015

Creatura libera

Le mie donne preferite

Io credo nella differenza, profonda e bellissima, tra l’uomo e la donna. E ammetto che la donna, spesso, è più pettegola, più invidiosa, più facile ai sensi di colpa, più ansiosa, meno solidale con le altre donne, più paranoica e più lunatica. Però, ragazzi miei… Però. Però c’è che quando una donna, un bel giorno, smetterà di essere invidiosa, o sprecherà meno fiato per le maldicenze, o metterà da parte un po’ di ansia e di senso di inadeguatezza, non lo farà perché le viene così, perché le viene d’istinto, ma lo farà perché è passata da qualcosa. Lo farà perché una crisalide, da qualche parte, si è rotta, e lei ha assaggiato un pezzetto di libertà, e ha sperimentato che è celestiale. E quella, miei cari, è una donna che non cammina più, ma che vola, e non è semplicemente nata creatura semplice: si è scoperta creatura libera.

Buon 8 marzo!

giovedì 5 marzo 2015

Il gioco della turista



Un gioco che mi piace fare a volte è il gioco della turista. Sono a Imola ma va bene, sono anche a Parigi o a Berlino, magari a Buenos Aires, certe sere a Palermo, spesso a Lisbona o a Istanbul. Basta passeggiare e immaginarsi di vedere la strada per la prima volta, la piazza per la prima volta, quel bar per la prima volta: sedersi a un tavolino e anziché sentirsi a casa – che comunque a volte è bello sentirsi a casa – fare finta di non esserci mai stati, e guardare tutto con un occhio un po’ nuovo, curioso, come quando si è in giro per vacanza e ci si sente di passaggio, avidi di sensazioni perché coscienti che poi passeranno. Sembra tutto molto profumato e sonoro, solo perché si è in viaggio, solo perché si è all’estero.

È un gioco che mi viene bene in estate. Al Caffè della Rocca, per dire, soprattutto quando fanno i concerti dal vivo. Ci arriviamo a piedi con quella tipica sensazione da sera di giugno, quando sei vestito da mare perché di mare hai una voglia pazzesca, io magari ho la gonna lunga che si gonfia un po’ per il vento, sicuramente i sandali bassi che non riesco mai a buttare, e in mano una maglia o un giacchetto per dopo, quando farà quel freddo serale da estate, quello che ti fa sentire un po’ in barca, o seduto su un molo.

E invece sei solo al Caffè della Rocca, e forse ci sei stato la mattina stessa o dopo pranzo, per un caffè, però adesso per me è diverso perché ho deciso che sono in viaggio, e il concerto dal vivo aiuta parecchio. Ci sono queste poltrone di vimini larghe, che ti ci puoi sedere anche un po’ storto, col piede sopra e una gamba raccolta contro il petto, come faresti solo in clima di ferie, dove non ti conosce nessuno. Poi ci sono queste lampadine appese a dei fili, i centrotavola, la piccola libreria piena; dettagli che di ritorno dalle vacanze ti farebbero dire agli amici: “Avevo trovato un posticino familiare ai piedi di una rocca medievale, carino da matti, con tutte queste lampadine appese… Suonavano, e il proprietario era un tipo barbuto un po’ buffo, scherzoso, e il servizio non era proprio veloce, però sai siamo stati tanto bene, tanto chi ci correva dietro, c’erano anche dei libri da leggere volendo, e delle belle fotografie alle pareti”. 

E insomma quando parte la musica sembra tutto sospeso: il giorno dopo non esiste più, che lavoro fai non lo sai più. Hai voglia che il vino sia buono e ti dia un po’ alla testa, ma solo quel tanto che basta per battere il piede più forte e avere lo sguardo più acceso, scostare il ciuffo dagli occhi più sciolta, prolungare i sorrisi e gli sguardi. Che ne sai che non sei su un’isola dei Balcani? O in un parco vicino Londra? Che ne sai che non hai la valigia in macchina, o addirittura una chitarra? Possiamo essere tutto quello che vogliamo.

domenica 1 marzo 2015

Dal balcone


Dal balcone io il tramonto non lo vedo
ma la casa tutta gialla che ho davanti
sulle sei diventa miele coi diamanti:
basta questo ed al tramonto io ci credo.

Stare sempre dentro il sole a volte è dura
ma vedendo tutto ciò che è illuminato
si risveglia dentro un desiderio innato:
cielo e sole per la mia, di fioritura.