Mia mamma era in balcone, la
sentivo che rideva, parlava forte per farsi notare, mi chiamava. Il cielo era
molto azzurro e la tenda fremeva per il vento di primavera. Ho pensato che
dovevo andare fuori a vedere, e in effetti era successo che la pianta di
fragole aveva dato alla luce i suoi primi due frutti. Ancora verdi, piccoli,
proprio al centro della corolla di petali. Incredibile.
Io non saprei da dove cominciare, se dovessi costruire una fragola. Non saprei che materiale utilizzare, né quale rosso scegliere. E se anche riuscissi a farla simile a una fragola nell’aspetto, come potrei darle quel sapore zuccherino però fresco, che mi ricorda
quando andavo dai nonni in campagna, e mia nonna diceva che alla prima fragola
si esprime un desiderio? Sempre gli stessi quattro o cinque desideri che tornavano a rotazione, d'accordo: trovare un agnellino nel campo e poterlo tenere per me, scoprire una casa di cioccolato nel bosco e poterla mangiare, fidanzarmi con Marty McFly di Ritorno al Futuro o far sì che Lady Oscar non fosse davvero una femmina. Desideri così, ripetitivi e un po' stupidi se volete, ma con una fragola fatta da me, funzionerebbe? E quei puntini - quei semini che ti rimangono
tra i denti, e te li senti sulla lingua qualche ora dopo e ti ricordano che l'hai mangiata davvero - come li farei? Potrei
disegnarli, ma nella fragola vera sono come i bottoni di un divano imbottito, che tengono ben lucido e teso il vestito
della fragola. Rosso: un vestito rosso anche quest’anno, perché a tutte le
fragole da grandi piace vestirsi così, dopo il verde dei primi giorni.
Ho pensato che questa tenacia della primavera, la
sua testardaggine, questa mania di ritornare sempre, mi fanno sentire incomprensibilmente
voluta bene. Ma tanto bene, proprio. In inverno fa freddo, il cielo è
grigio, e c’è la neve: in inverno solo un pazzo scommetterebbe sulle fragole.