Chi si chiede cosa si fa qui si rassereni: esattamente non lo sa nessuno.
Io ci metto qualche parola e qualche foto.
Con un'unica regola: solo finché mi fa felice.

mercoledì 31 dicembre 2014

L'unico tempo che esista

Io, un buffo cane travestito da pupazzo, la neve, e la fotografa Elena Orsi 

Caro duemila e quindici, siccome sei ormai alle porte
ho qualche consiglio da darti in merito alla mia sorte.
Se porterai pace e fortuna, ricchezza, amicizia e salute,
bè, serve che te lo dica? Saranno le benvenute.

Per non apparire venale potrei disdegnare il denaro:
potrei suggerirti di darlo a chi ha avuto un anno più amaro
di me, che poi tutto sommato, non devo granché lamentarmi…
Non darlo però a chi lo spende per favoritismi, per armi,
per crimini grandi e meschini o per violentare il pianeta
(che eppure continua ad amarci, per qualche ragione segreta).

Vorrei un anno dove l’amore sia folle ma tenero e placido,
lontano anni luce da botte, minacce e vendette con l’acido,
un anno in cui l’amicizia sia fatta di incontri dal vivo
e non ci si affidi alla Apple per colmare un vuoto affettivo.

Duemila e quindici caro, in quest’anno nuovo che viene
fai stare i nipoti coi nonni, dai vita a famiglie serene,
regala alle mogli e alle suocere un po’ di risate di pancia,
insegna alla gente a baciarsi… davvero, toccando la guancia!

Ricordaci che avere ragione, a volte, non serve a un bel niente,
e che una persona felice è meglio di una coerente.
Dissemina il nostro cammino, se proprio vuoi farci piacere,
di cose non “giuste” o “sbagliate”… piuttosto di cose “vere”.

Caro duemila e quindici, a parte gli scherzi e gli auguri,
mi auguro che non speriamo soltanto in progetti futuri
ma che piano piano impariamo, magari, a non perder di vista
il tempo presente che, in fondo, è l’unico tempo che esista.

Abbiamo bisogno di simboli, di riti e momenti di festa…
Ma il meglio sta in ogni momento di tutta la vita che resta
anche dopo le cene, le danze, i brindisi, i botti e i regali,
cercando l’incanto nascosto nel tempo dei giorni normali.

martedì 16 dicembre 2014

Come il cono col gelato


Dopo tutti questi anni, arrivederci e bentornati,
ho pensato che due versi te li fossi meritati.
Mica facile trovare le parole più calzanti
a una cosa solo nostra, che però appartiene a tanti,
che conoscono dovunque, da ogni parte del pianeta,
e però, allo stesso tempo, rimarrà sempre segreta.

Etichette non ne uso, non darò definizioni,
ma fa rima con il “cuore” di milioni di canzoni.
Forte fragile e assoluto, sempre uguale ma diverso,
qualche volta ti indirizza poi ti fa sentire perso,
va a toccare strani fili del gomitolo che siamo
e li tesse in nuove trame, ma non sempre le capiamo.

La bugia più colossale che qualcuno si racconta
è che quando l’hai trovato tutto il resto poi non conta,
ma io credo fermamente che l’amore (mi è scappato)
possa essere più o meno come il cono col gelato:
ti sostiene e questo è bello, dolce e molto confortante,
ma se tu, lassù, ti squagli, resta poco di importante.

Sono molte, a dire il vero, le menzogne sul suo conto:
che non possa esserci un’alba se c’è stato già un tramonto,
che ci siano convenevoli e passaggi obbligatori,
che il suo esito dipenda dai tuoi pregi o dai tuoi errori,
che non rappresenti un viaggio ma piuttosto sia la meta,
che si esprima a complimenti, paroloni da poeta.

Paroloni non ne vuole, la retorica la schiva:
io da lui voglio soltanto che mi renda ancor più viva,
ed è spesso coi dettagli che sembravano da niente
che mi svela che un “regalo” puoi chiamarlo anche “presente”.
Perché Dante sarà andato in paradiso con Beatrice,
ma non penso l’aiutasse mai con una lavatrice.

C’è chi cerca di fissarlo con un selfie, o un tatuaggio,
ma l’amore chiede tutto un altro tipo di coraggio…
ed il bello è che per quanto io sia sciocca e limitata
è un coraggio misterioso, che però è alla mia portata.
Grazie a te che qualche volta sembri il nastro da tagliare
ma in realtà non sei il mio arrivo: sei il mio fiume verso il mare.

lunedì 8 dicembre 2014

Fortuna che a volte ci si ri-innamora


Qualche anno fa non sapevano ancora
che avrebbero quasi toccato il fondo
per poi, quasi nuovi, tornare al mondo:
fortuna che a volte ci si ri-innamora.
Per fare i gioielli più rari e preziosi
si usano perle rugose e imperfette…
l’amore più vero non segue ricette.
Adesso e per sempre: evviva gli sposi.

domenica 7 dicembre 2014

Certe scelte sembrerebbero una fuga


Qualche volta si vorrebbe fare finta
di esser forti , senza il minimo timore,
ma una maschera, per quanto ben dipinta,
prima o poi dovrà vedersela col cuore.
Certi giorni siamo come circondati
da modelli così fulgidi e perfetti
che a confronto ci sentiamo inadeguati,
traboccanti di mancanze e di difetti.

Ci chiediamo cosa abbiamo combinato
di salvabile, almeno fino adesso,
come se il nostro valore fosse dato
da un curriculum stracolmo di successo.

Un curriculum perfetto si può fare:
l’importante è tenere ben lontani
quei problemi che, dovendoli affrontare,
rischieremmo di sporcarci un po’ le mani.
Basta togliere alla vita un po’ di cose
(riso e lacrime ad esempio, e la paura,
e le spine, ma con loro anche le rose,
qualche amico, e con lui la “scocciatura”,
di affrontare tutto quello che è diverso
dalla nostra personale presunzione).
Sono certa che così sarebbe perso
tutto ciò che invece merita attenzione,
ma di certo ne usciremmo più brillanti,
senza fastidiose rughe di espressione:
di bellezza e di sorrisi mendicanti,
ma vicini più che mai alla perfezione.

Ma “perfetto” è sinonimo di morto,
di finito, di già sazio, di esaurito…
Che sia meglio costruire un ponte storto,
ma che punti dritto verso l’infinito?

Programmiamo pure tutto nel dettaglio,
che la vita degli schemi se ne infischia:
qualche volta premia più chi fa uno sbaglio,
chi sa uscire dal sentiero, quindi rischia,
e chi riesce a dire “no” quando ci vuole,
anche quando tutto il mondo si aspettava
da noi tutto un altro tipo di parole.
Beh non mi interessa proprio essere “brava”.

Mi interessa che in futuro ogni mia ruga
testimoni tutti quanti i miei insuccessi:
certe scelte sembrerebbero una fuga,
però sono appuntamenti con noi stessi.
E chissà, sarò un disastro? avrò il mio posto?
Cosa c’è di male in qualche cicatrice?
Non m’importa esser perfetta ma piuttosto
voglio essere un disastro, ma felice.