Tutti sanno che le madri sono multifunzionali:
dieci braccia, cento occhi e poteri un po’ speciali
gli consentono in un lampo – come fanno non si sa –
di far cose straordinarie. Dono dell’ubiquità?
C’è la mamma carpentiere, c’è la mamma
equilibrista,
c’è la mamma pasticcere… Ma la mia è una mamma
artista.
Non c’è nulla di ordinario nel suo sguardo sulle
cose:
anche quelle più banali per lei sono strepitose,
dal frusciare delle foglie scompigliate dalla
brezza,
che per lei sono una musica, una danza e una
carezza,
ai colori del mattino, tavolozza sconfinata,
per non dire del profumo di erba tenera tagliata.
È perfetta? Chiederete. Non scherziamo, è solo
vera.
Una mamma come tante, cotta già alle sei di sera,
che per anni, da copione, mi è sembrata salda e
forte,
poi crescendo mi ha mostrato che a una madre tocca
in sorte
la missione spaventosa, sovrumana e commovente
di cercar di dare tutto anche se si sente un
niente.
Che poi in fondo, se la guardo, cos’ha in più della
bambina
che sorride dalle foto rinvenute giù in cantina?
Anni in più sulle sue spalle, qualche ruga più
evidente,
ma per diventare madre non ha preso una patente
e quel giorno in cui, felice, ha lasciato
l’ospedale,
del futuro non sapeva tanto il bene quanto il male.
Quanto abbiamo litigato, quando non sapevo ancora
che anche chi ti ha messo al mondo ha un pensiero
che lo sfiora
nelle notti un po’ più fonde, nelle sere un po’ più
scure:
ma chi sono? Dove vado? Chi amerà le mie paure?
Invertire un po’ le parti, qualche volta, anche per
gioco,
ci ha svelato che a una figlia e a una madre basta
poco
per capire che bambine, tutte, in fondo, lo si è
state,
e non è mai troppo tardi per sperare nelle fate,
per sdrammatizzare i ruoli, trascurare un po’ la
casa,
ricordarsi che non solo sui doveri ci si basa
per descrivere un rapporto, soprattutto quando è
vero.
Io la figlia, lei la madre, due pezzetti di un
intero
che un bel giorno suggerisce cosa siamo veramente:
io la figlia, lei la madre, ma due donne
specialmente.
E ogni volta mi sconvolge quando penso che metà
del mio corpo, del mio cuore, del mio sangue e dna
è un frammento di mia madre, mescolato con l’amore.
Non lo so se ne ha coscienza… mi ha annaffiata come
un fiore:
io so bene che ho il colore e il profumo che mi ha
dato
proprio lei, di giorno in giorno, ogni volta che ha
parlato.
“Colpa sua” se seguo sempre il mio istinto nella
vita,
se a una rosa preferisco la più dolce margherita,
se ho imparato a quattro anni ad usare il
congiuntivo
(e per forza, parla sempre! Ribattevo od
impazzivo!),
se accarezzo la corteccia e le foglie delle piante,
se un bel libro mi conquista più di un abito o un
diamante.
Non lo so se andiamo bene, siamo giuste, siamo belle...
Quando ancora ero bambina mi diceva che le stelle,
prima che venissi al mondo, già mi avevano
assegnata
alla casa che mi avrebbe dato tutto. Sono grata
della meta: queste stelle sono state proprio buone.
Perché oltre a genitori, ho incontrato due persone.