Nel 2002 sono stata in Molise con gli amici del coro, a conoscere le persone colpite dal terremoto. Una vecchietta ci ha accolti in casa sua: una minuscola tana, così simile a una caverna, nascosta in una strada insignificante di un paese di cui non ricordo il nome. Ci ha raccontato che ogni giorno, immancabilmente, staccava le sue pentole e i suoi paioli dal muro e li lucidava con cura, fino a farli brillare. Anche se nessuno le faceva visita, anche se era passato giusto il terremoto. "Che senso ha?" le abbiamo chiesto. "Perché così il mondo è più bello".
Il latino serve a poco, voglio dirlo chiaro e tondo:
serve poco a chi lo apprezza… pensa te al resto del mondo!
Non si mangia, non si beve, kilowatt non ne produce,
non è fonte alternativa per far caldo o dare luce,
nel curriculum non conta perché ormai è una lingua morta
e, lo ammetto, il dizionario è un perfetto fermaporta.
Però penso che un concetto debba andare un po’ rivisto:
chi decide di che cosa devo essere provvisto?
Chi decide cos’è utile e cos’è soltanto un vezzo?
Ci son cose che han valore anche se non hanno un prezzo,
anzi, se ci si basasse sulle leggi di mercato
un bel pezzo di esistenza potrebbe essere potato.
A che servono i tramonti? Delle albe non parliamo!
A che servono i sorrisi? A che servono i “ti amo”?
Non c’è articolo più inutile e fuorviante di un bel sogno
e di lacrime e passioni non ce n’è poi gran bisogno.
Non è utile incontrarsi, chiacchierare né vedersi,
che l’i-phone fa quasi tutto: ci raddrizza se siam persi,
ci connette con gli amici senza spreco di energia
e tra musica e giochini è una degna compagnia.
E la testa, ormai, a che serve? A che serve la memoria?
Con youtube e i social network, serve leggere una storia?
Quello che non monetizza venga pure messo al bando!
Sopravviva il necessario: niente in più, mi raccomando.
In un mondo che può tutto con lo schiocco delle dita
non ci serve più una mamma per infondere la vita,
non ci serve più l’amore per formare una famiglia
e non servono parole come “grazia" o “meraviglia”.
Eh no gente, mi ribello! Quel “che serve” non mi basta:
il mio cuore dice chiaro che l' “inutile” non guasta.
Il criterio del “non serve”, del “non mi darà un lavoro”,
può valere qualche volta ma bisogna far tesoro
soprattutto dei dettagli che ci rendono più vivi,
non perché sian necessari, ma per mille altri motivi.
Ce n’è uno, più di tutti, che è da prendere sul serio:
questo mondo non guarisce se spegniamo il desiderio.
Il latino è una sciocchezza come ce ne sono tante…
Se io fossi un professore non direi quanto è importante,
ma piuttosto quanto è bello e quanto mi fa felice
non fermarmi in superficie ma scoprire la radice
della musica stupenda che nasconde ogni parola.
È la vita che mi piace… non i libri, non la scuola.
Benedette quelle cose che non servon più di tanto
ma alla fine ci fan dire “caro mondo, sei un incanto!”