Chi si chiede cosa si fa qui si rassereni: esattamente non lo sa nessuno.
Io ci metto qualche parola e qualche foto.
Con un'unica regola: solo finché mi fa felice.

sabato 4 aprile 2015

Non c'è nulla di ordinario



Tutti sanno che le madri sono multifunzionali:
dieci braccia, cento occhi e poteri un po’ speciali
gli consentono in un lampo – come fanno non si sa –
di far cose straordinarie. Dono dell’ubiquità?
C’è la mamma carpentiere, c’è la mamma equilibrista,
c’è la mamma pasticcere… Ma la mia è una mamma artista.

Non c’è nulla di ordinario nel suo sguardo sulle cose:
anche quelle più banali per lei sono strepitose,
dal frusciare delle foglie scompigliate dalla brezza,
che per lei sono una musica, una danza e una carezza,
ai colori del mattino, tavolozza sconfinata,
per non dire del profumo di erba tenera tagliata.

È perfetta? Chiederete. Non scherziamo, è solo vera.
Una mamma come tante, cotta già alle sei di sera,
che per anni, da copione, mi è sembrata salda e forte,
poi crescendo mi ha mostrato che a una madre tocca in sorte
la missione spaventosa, sovrumana e commovente
di cercar di dare tutto anche se si sente un niente.

Che poi in fondo, se la guardo, cos’ha in più della bambina
che sorride dalle foto rinvenute giù in cantina?
Anni in più sulle sue spalle, qualche ruga più evidente,
ma per diventare madre non ha preso una patente
e quel giorno in cui, felice, ha lasciato l’ospedale,
del futuro non sapeva tanto il bene quanto il male.

Quanto abbiamo litigato, quando non sapevo ancora
che anche chi ti ha messo al mondo ha un pensiero che lo sfiora
nelle notti un po’ più fonde, nelle sere un po’ più scure:
ma chi sono? Dove vado? Chi amerà le mie paure?

Invertire un po’ le parti, qualche volta, anche per gioco,
ci ha svelato che a una figlia e a una madre basta poco
per capire che bambine, tutte, in fondo, lo si è state,
e non è mai troppo tardi per sperare nelle fate,
per sdrammatizzare i ruoli, trascurare un po’ la casa,
ricordarsi che non solo sui doveri ci si basa
per descrivere un rapporto, soprattutto quando è vero.
Io la figlia, lei la madre, due pezzetti di un intero
che un bel giorno suggerisce cosa siamo veramente:
io la figlia, lei la madre, ma due donne specialmente.

E ogni volta mi sconvolge quando penso che metà
del mio corpo, del mio cuore, del mio sangue e dna
è un frammento di mia madre, mescolato con l’amore.
Non lo so se ne ha coscienza… mi ha annaffiata come un fiore:
io so bene che ho il colore e il profumo che mi ha dato
proprio lei, di giorno in giorno, ogni volta che ha parlato.

“Colpa sua” se seguo sempre il mio istinto nella vita,
se a una rosa preferisco la più dolce margherita,
se ho imparato a quattro anni ad usare il congiuntivo
(e per forza, parla sempre! Ribattevo od impazzivo!),
se accarezzo la corteccia e le foglie delle piante,
se un bel libro mi conquista più di un abito o un diamante.
Non lo so se andiamo bene, siamo giuste, siamo belle...
Quando ancora ero bambina mi diceva che le stelle,
prima che venissi al mondo, già mi avevano assegnata
alla casa che mi avrebbe dato tutto. Sono grata
della meta: queste stelle sono state proprio buone.
Perché oltre a genitori, ho incontrato due persone.

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