Chi si chiede cosa si fa qui si rassereni: esattamente non lo sa nessuno.
Io ci metto qualche parola e qualche foto.
Con un'unica regola: solo finché mi fa felice.

mercoledì 26 febbraio 2014

Il latino è inutile... come la musica, il mare, e tutte le cose che contano

Mi capitava di chiedermi se quello che facevo fosse utile. Sarà che ho studiato lettere, e la domanda "ma a cosa serve, poi, nella vita?" me la sono sentita fare spesso. Sarà che sono un po' disordinata, un po' improvvisatrice, sarà che le cose che so fare meglio non hanno grande spendibilità sul mercato. Ma in fondo, pensandoci... utile a chi? Mi sono detta che se mi fa sorridere, se mi fa innamorare, se mi fa commuovere o mi travolge, allora è chiaro: qualunque cosa sia, è utile senz'ombra di dubbio.

Nel 2002 sono stata in Molise con gli amici del coro, a conoscere le persone colpite dal terremoto. Una vecchietta ci ha accolti in casa sua: una minuscola tana, così simile a una caverna, nascosta in una strada insignificante di un paese di cui non ricordo il nome. Ci ha raccontato che ogni giorno, immancabilmente, staccava le sue pentole e i suoi paioli dal muro e li lucidava con cura, fino a farli brillare. Anche se nessuno le faceva visita, anche se era passato giusto il terremoto. "Che senso ha?" le abbiamo chiesto. "Perché così il mondo è più bello".



Il latino serve a poco, voglio dirlo chiaro e tondo:
serve poco a chi lo apprezza… pensa te al resto del mondo!
Non si mangia, non si beve, kilowatt non ne produce,
non è fonte alternativa per far caldo o dare luce,
nel curriculum non conta perché ormai è una lingua morta
e, lo ammetto, il dizionario è un perfetto fermaporta.

Però penso che un concetto debba andare un po’ rivisto:
chi decide di che cosa devo essere provvisto?
Chi decide cos’è utile e cos’è soltanto un vezzo?
Ci son cose che han valore anche se non hanno un prezzo,
anzi, se ci si basasse sulle leggi di mercato
un bel pezzo di esistenza potrebbe essere potato.

A che servono i tramonti? Delle albe non parliamo!
A che servono i sorrisi? A che servono i “ti amo”?
Non c’è articolo più inutile e fuorviante di un bel sogno
e di lacrime e passioni non ce n’è poi gran bisogno.
Non è utile incontrarsi, chiacchierare né vedersi,
che l’i-phone fa quasi tutto: ci raddrizza se siam persi,
ci connette con gli amici senza spreco di energia
e tra musica e giochini è una degna compagnia.
E la testa, ormai, a che serve? A che serve la memoria?
Con youtube e i social network, serve leggere una storia?
Quello che non monetizza venga pure messo al bando!
Sopravviva il necessario: niente in più, mi raccomando.
In un mondo che può tutto con lo schiocco delle dita
non ci serve più una mamma per infondere la vita,
non ci serve più l’amore per formare una famiglia
e non servono parole come “grazia" “meraviglia”.

Eh no gente, mi ribello! Quel “che serve” non mi basta:
il mio cuore dice chiaro che l' “inutile” non guasta.
Il criterio del “non serve”, del “non mi darà un lavoro”,
può valere qualche volta ma bisogna far tesoro
soprattutto dei dettagli che ci rendono più vivi,
non perché sian necessari, ma per mille altri motivi.
Ce n’è uno, più di tutti, che è da prendere sul serio:
questo mondo non guarisce se spegniamo il desiderio.

Il latino è una sciocchezza come ce ne sono tante…
Se io fossi un professore non direi quanto è importante,
ma piuttosto quanto è bello e quanto mi fa felice
non fermarmi in superficie ma scoprire la radice
della musica stupenda che nasconde ogni parola.
È la vita che mi piace… non i libri, non la scuola.
Benedette quelle cose che non servon più di tanto
ma alla fine ci fan dire “caro mondo, sei un incanto!”

4 commenti:

  1. – non fermarmi in superficie ma scoprire la radice –

    Ciao Eleonora,
    questa volta non me la cavo con una citazione: hai messo in campo vari argomenti, e molto complessi!

    Però ti voglio “provocare” con un vecchio articolo di Baricco, che forse hai già letto:
    http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/08/26/news/barbari_2026-6516602/
    e sarei curioso di sapere che ne pensi!
    Con una postilla: quando pensiamo ad una superficie, noi educati alla geometria euclidea, pensiamo ad un foglio di carta posato su un tavolo. Un oggetto non molto interessante, senza segreti.
    Ma le superfici possono essere fatte come fiocchi di neve, spugne, foglie… o ancora più complesse.
    Tanto che la loro dimensione resta sospesa tra il 2 che ci hanno insegnato, e l’irraggiungibile, ma a volte vicinissimo, 3.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Andrea, l'articolo di Baricco è interessante, bello e complesso (tra parentesi, io amo Baricco). Sono d'accordo con questa frase: "La superficie è tutto, e in essa è scritto il senso" perché dice - almeno per come la interpreto io - che la verità è qualcosa di molto chiaro, illuminato e illuminante, e che spesso l'inseguimento della "profondità" ci fa perdere il senso puro delle cose. Bello, schietto, spiazzante. Per me "cercare la radice" è spogliarsi delle impalcature dannose che ci portiamo in groppa e cercare essenzialmente ciò che è buono per noi, "utile" o "inutile" che sia.
      Poi, sulla "radice" delle parole, scriverò senz'altro qualcosa prima o poi... Buon fine settimana! :)

      Elimina
  2. al bello del linguaggio delle parole ci si affeziona subito soprattutto se ti fanno viaggiare, spinto come da un soffice e leggero soffio di vento con leggerezza e profondità.... continua ciò, è bello e divertente mamma anna rita

    RispondiElimina